Gli andamenti dei comparti nel labirinto di emergenze e incognite fra anomalie climatiche, crisi energetica, aumento dei costi di produzione e assetti geopolitici complessi
Pur nella diversità fra i territori e le colture, lo scenario del 2022 per l’area Romagna nel suo insieme registra un calo di superfici nel frutticolo e nell’orticolo in campo, un aumento nel cerealicolo e oleoproteaginose, nelle industriali cala l’estensione totale dell’erba medica. Zootecnia in difficoltà. In diminuzione le imprese agricole
“L’agricoltura di domani passa dalla ricerca di oggi”. Questo il tema del convegno in cui Cia-Agricoltori Italiani Romagna ha presentato i dati dell’Annata Agraria 2022, alla sua quinta edizione, per una fotografia dell’andamento complessivo del comparto agricolo.
Il report completo con le previsioni e le stime del 2022 e il raffronto con i dati dal 2021 al 2018 sia per le singole province analizzate, Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini, sia per l’areale Romagna, è online al seguente link:
L’utilizzo dei dati è possibile citando la fonte “Annata Agraria 2020 – Cia Romagna”.
L’Annata Agraria di Cia-Agricoltori Italiani Romagna è una fotografia dell’andamento dell’agricoltura locale riguardante il territorio romagnolo, con stime, tendenze e ipotesi previsionali dei comparti e delle colture, dell’anno non ancora concluso, relative alle province di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini. Nel 2020 è al suo terzo anno come “Romagna” e per la prima volta in diretta sul canale YouTube di Cia Emilia-Romagna, data la situazione legata all’emergenza sanitaria in corso. Le precedenti 31 edizioni (pre Cia Romagna) sono state realizzate da Cia Ravenna.
Come consuetudine, la presentazione pubblica si svolge nel mese di novembre, in quanto in Romagna era abitudine far scadere i contratti agrari a novembre, per San Martino, momento adatto perché dopo la semina il calendario dei lavori agricoli era meno fitto e impegnativo. La giornata di presentazione dell’Annata Agraria prevede un momento dedicato all’illustrazione dei dati al quale segue sempre un approfondimento. Il tema del 2020 è “L’agricoltura di domani, oltre il Covid-19, verso il Green Deal”.
L’Annata Agraria è realizzata attraverso la consultazione di fonti scritte e orali. Per la ricostruzione dell’andamento dell’anno in corso, i curatori del volume si avvalgono della preziosa collaborazione degli Stacp di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini; delle Camere di Commercio della Romagna e di Ravenna; del supporto dei responsabili tecnici e della Segreteria di Cia Romagna e dei numerosi stakeholder del settore intervistati: agricoltori, cooperative, consorzi, enti, esperti dei vari comparti esaminati, compreso andamento meteo e cambiamenti climatici. Questa disponibilità rappresenta una preziosa rete di collaborazione.
Nel report in pdf l’andamento dell’agricoltura romagnola nell’anno in corso. All’interno, dopo un’introduzione generale, vengono presentati i dati al terzo trimestre relativi alla demografia delle imprese forniti dalle Camere di commercio di Ravenna e della Romagna (Forlì-Cesena e Rimini) e a seguire i comparti del territorio romagnolo con stime e dati provvisori su estensioni e rese medie delle varie colture forniti dagli Stacp di Forlì-Cesena, Ravenna e Rimini. Per la zootecnia i dati sono forniti dall’Araer. Il report contiene anche un approfondimento sui cambiamenti climatici e sull’andamento meteorologico che ha contraddistinto l’annata agraria in corso.
Cia–Agricoltori Italiani Romagna e i curatori dell’Annata Agraria 2019 ringraziano tutte le persone che hanno concretamente contribuito, con la loro qualificata e paziente collaborazione, alla realizzazione del lavoro, fonti preziose per una fotografia dell’agricoltura del territorio romagnolo e non solo.
Di seguito gli interventi di alcuni relatori e una sintesi del report.
Il servizio realizzato da New Time e andato in onda su TELEROMAGNA ch 14 è sempre visibile sul canale YouTube http://WWW.NEWTIMETV.LIFE
Non ricordo un’annata agraria come questa. E’ stata una delle peggiori degli ultimi 30 anni, si è prodotto poco e a questa scarsa produzione non sono corrisposti i prezzi che ci attendevamo. Tutte le produzioni hanno sofferto e i prezzi non sono stati assolutamente remunerativi.
Abbiamo subito eventi climatici estremi in tuttala regione, con un inverno 2018-19 che ha squilibrato le piante, un maggio in cui ha piovuto tutti i giorni e un’estate molto calda che hanno messo in ginocchio la produttività delle nostre imprese. A questo aggiungiamo gli attacchi della cimice asiatica, la drosofila, il ferretto nelle patate e tutti gli altri parassiti favoriti dai mutamenti climatici. Chi ha avuto la produzione devastata dalla cimice rischia di chiudere e come organizzazione abbiamo denunciato sin da subito la gravità della situazione, anche attraverso iniziative parlamentari e presidi sul territorio.
Purtroppo ci stanno anche togliendo progressivamente tutti gli strumenti per difenderci: penso ai principi attivi che sapevamo funzionare ad esempio contro la cimice asiatica, al rame abbassato da 6 a 4 kg, ai principi attivi per difenderci dalla drosofila… Erano strumenti che non risolvevano il problema, ma se non altro ci consentivano di difenderci. Ci troviamo di fronte all’aumento dei patogeni e all’abbassamento della nostra difesa: questo sarà ciò che probabilmente dovremo vivere nei prossimi anni.
Dobbiamo avanzare proposte per provare a ridurre l’impatto ambientale che ha l’agricoltura e al contempo consentirci di avere rese per ettaro soddisfacenti. Di fronte a cambiamenti climatici abbiamo possibilità legate al miglioramento genetico della pianta, il genoma editing per difenderci da siccità, fitopatie, eventi esterni. Proprio la settimana scorsa al Parlamento europeo abbiamo organizzato un’iniziativa sul genoma editing e probabilmente si sta riaprendo un po’ la partita. Servono innovazione e ricerca per avere strumenti per produrre a costi minori e con migliore qualità. Gli enti pubblici e la ricerca ci possono dare strumenti per difenderci da annate disastrose come questa.
Circa il tema della manodopera, i costi incidono sulle imprese in maniera determinante. L’abbassamento del cuneo fiscale vale per le aziende agricole e anche per la trasformazione, e la decontribuzione prevista dal governo per i dipendenti ma non per le imprese mi lascia perplesso. Questo non ci rende competitivi. Reperire manodopera è difficile, bisogna affrontare il tema della flessibilità in entrata e in uscita, perché le aziende agricole hanno esigenze diverse dagli altri settori.
Sulla fauna selvatica abbiamo proposto come Cia nazionale la modifica della legge 157 anche per aumentare le catture ungulati. La pressione sulle aziende agricole da parte di questi animali è ormai troppa.
C’è poi la sfida della sostenibilità ambientale. La cosa peggiore da fare è mettere in contrapposizione biologico e integrato. Devono andare a braccetto, perché sul tema centrale della sostenibilità ambientale in agricoltura ci giocheremo tanto. L’agricoltura deve fare la propria parte, come già stiamo facendo peraltro da alcuni anni. Non dobbiamo subire la richiesta sostenibilità ambientale da parte del consumatore, né subire le imposizioni delle grandi catene distributive. Anche per questo abbiamo commissionato uno studio sull’impatto ambientale dell’agricoltura nel corso degli ultimi anni.
Legato a questo è il tema della zootecnia e del benessere animale. L’allevatore fa il suo mestiere come tutti, stando alle regole. Invece veniamo criminalizzati per i tumori, per l’inquinamento globale… Non possiamo continuare a subire, è ora di dire basta.
Infine, stiamo portando avanti il progetto di riforma “Il Paese che vogliamo”. Chiediamo attenzione sulle azioni ritenute non più rinviabili e necessarie all’Italia, dagli interventi di manutenzione delle infrastrutture alle politiche di governo del territorio, dallo sviluppo di filiere a vocazione territoriale a nuovi sistemi di gestione della fauna selvatica e alla coesione istituzioni-enti locali per il rilancio delle aree rurali e interne, dove crescono criticità legate alla geografia del territorio e soprattutto ai ritardi in manutenzione e ammodernamento delle infrastrutture fisiche e digitali.
Anche quest’anno la presentazione dell’Annata agraria è per Cia Romagna l’occasione di fare il punto sui temi che interessano il comparto agricolo, evidenzia il presidente Danilo Misirocchi, a partire dalla tutela dell’ambiente. “L’ondata ambientalista che sta giustamente attraversando il mondo rischia però di fare passare informazioni sbagliate, in particolare sul settore agricolo. Vogliamo evitare la contrapposizione fra biologico e integrato (dal 2014 la definizione di “convenzionale” non esiste più) e contrastare il messaggio sbagliato che l’agricoltura avveleni il mondo”.
Altro tema è quello della manodopera, sempre più difficile da reperire. “Un annoso problema: abbiamo i costi della manodopera più alti d’Europa, che ci mettono in svantaggio competitivo rispetto agli altri paesi (su tutti la Spagna) e si sommano agli altri svantaggi (come i costi energetici o il peso della burocrazia). Siamo stanchi di sentir parlare di caporalato. I controlli sono numerosissimi e le situazioni irregolari, che esistono in tutti i settori economici, riguardano alcune aziende. Non si può criminalizzare un intero settore”.
L’agricoltura deve fare poi i conti con un mercato in evoluzione. “Sta cambiando nelle dinamiche e nelle regole: oggi domanda/offerta non valgono più, a fronte di produzioni scarse spesso non si registrano prezzi adeguati a recuperare i costi. Dipende soprattutto da uno strapotere della grande distribuzione organizzata: le aste al doppio ribasso ci stanno strozzando, la frutticoltura in particolare rischia di sparire dal nostro territorio, con conseguenze anche ambientali”.
Ancora, il presidente ha citato i problemi rappresentati dalla cimice asiatica e dalla fauna selvatica, su cui Cia è impegnata in prima linea. “Sui selvatici abbiamo fatto lavoro importante come organizzazione per la modifica della legge 157, ormai obsoleta. Bisogna passare dalla tutela al controllo”.
“C’è solo un modo per uscirne – conclude Misirocchi – : investire innovando. Lo stiamo facendo, ma solo con le nostre forze non ce la facciamo. Servono interventi normativi che riconoscano il valore economico, di indotto, sociale e territoriale che il settore rappresenta”.
Un’annata non facile – pur con qualche nota positiva in alcuni comparti – per l’agricoltura romagnola: produzioni ridotte, prezzi non remunerativi, mercati difficili, imprese in calo. E’ stata presentata il 22 novembre A Milano Marittima l’Annata agraria 2019 di Cia-Agricoltori italiani Romagna, nel corso di un convegno a cui sono intervenuti Danilo Misirocchi, presidente di Cia Romagna, Enrico Caterino, Prefetto di Ravenna, Fabrizio Rusticali, direttore di Cia Romagna, Pierluigi Randi (vicepresidente Associazione Meteorologi Professionisti, Ivano Valmori, direttore di AgroNotizie e di ItaliaFruitNews, Cristiano Fini, presidente di Cia-Agricoltori Emilia Romagna.
Il report, alla seconda edizione in versione romagnola (dopo 31 edizioni ravennati), abbraccia le province di Forlì-Cesena, Ravenna, e Rimini.
La persistenza di un quadro di sostanziale stagnazione dell’economia italiana dall’inizio del 2018 si ripercuote anche sul settore agricolo regionale e romagnolo, che nei primi nove mesi del 2019 continua ad essere in sofferenza. Calano dell’1,7% (al 30 settembre 2019 rispetto a settembre 2018) le imprese agricole in Romagna (15.833 in totale), con diminuzioni più marcate per quelle femminili (-3,1%). Positivo l’incremento di quelle giovani (+6,5%, trainato da Ravenna e Rimini). Calano anche gli occupati in agricoltura (in totale 25400), che pesano per il 5,1% del totale (era il 6,1%).
Esaminando i comparti, spiccano le conseguenze del meteo di quest’anno, con maggio freddo e piovoso, dopo un periodo precedente caldo ed uno successivo con anche tre ondate di calore e maltempo. Ripercussioni su tutte le colture frutticole e sulle varietà estive, in particolare su quelle precoci. La produzione di mele in Romagna è prevista in linea con la media degli altri anni, con buone attese per qualità e prezzi, al netto del maltempo e dell’effetto cimice asiatica. Speranze risposte anche nell’actinidia, pur se il 2019 rappresenta il terzo anno consecutivo di produzione inferiore al potenziale, con una flessione delle superfici coltivate.
Solo l’albicocco complessivamente ha realizzato una produzione abbondante con rese medie superiori del doppio rispetto a quelle del 2018 e prosegue nell’aumento di superficie, in particolare nel ravennate e nel forlivese-cesenate. Le tardive hanno risollevato in parte l’annata per quantità e buona qualità. Prezzi all’origine migliori, anche se comunque bassi: in media intorno a 0,49 Euro/kg, -39% circa rispetto al 2018.
Anche il ciliegio ha vissuto due fasi: una prima disastrosa per le precoci e poi per le tardive una seconda migliore, ma la produzione, pur superiore al 2018, è inferiore al potenziale. Prezzi non idonei a compensare la mancanza di prodotto.
Per la fragola è stata un’annata difficile anche in serra, ma la fragola cesenate ha retto abbastanza bene. Le produzioni sono state in calo del 10-15% anche a causa della monilia generata da bagnature e alta umidità. Quotazioni in generale inferiori al 2018.
Per pesche e nettarine è stata una pessima annata: continua il calo di superficie, la produzione cala, pezzatura ridotta, qualità a volte compromessa da batteriosi o da cimice (in particolare pesca bianca nel riminese). Anche dove si sono registrati raccolti superiori di circa il 10% sul 2018 (forlivese-cesenate), in fase di selezione si sono verificati scarti con mancanza di prodotto per il mercato del fresco.
Il 2019 mette al tappetole pere, deludenti per il crollo di produzione dovuto alla cascola, alternaria e cimice asiatica. Per la Romagna, che riscontra effetti meno pesanti rispetto ad altre zone, si prevede una perdita generale media di circa il 40% (70% a livello nazionale). La superficie è stabile, mentre a livello nazionale è in calo. I prezzi per l’alta qualità appaiono brillanti, ma manca molto prodotto.
Il susino sembra detenere per il 2019 il peggior andamento in assoluto nel frutticolo romagnolo. Nemmeno l’Angeleno, a differenza degli anni precedenti, riesce a risollevare le sorti di questa coltura. Mediamente la produzione è stata superiore rispetto al 2018 di circa il 30%, con una qualità visiva buona ma qualità organolettica non sufficiente per i gusti del consumatore: si è registrato un sensibile calo dei consumi che ha portato i prezzi all’origine al di sotto dei costi di produzione (0,35 Euro/Kg).
Negativa anche l’annata olivicola. In Romagna è il 90% degli ettari regionali a olivo, il riminese esprime la superficie più ampia. Calo importante di produzione di olive su tutte e tre le province con una flessione media complessiva di circa il 57%. Qualità delle olive buona dove è stata effettuata un’attenta difesa dalla mosca olearia. Nel cesenate ha colpito la cimice asiatica, che potrebbe aver compromesso il 30% del raccolto. Le stime sulla produzione di olio indicano in 235/255 mila i kg previsti, 50% in meno in media rispetto al 2018. Prezzi in flessione.
Castagno, melograno, noce, nocciolo, loto (kaki) registrano un calo produttivo con una qualità dei raccolti buona. Prezzi all’origine inizialmente abbastanza buoni, non ancora per il noce. Oscillanti per le altre colture.
Nel vitivinicolo dopo l’exploit del 2018, con la vendemmia 2019 si rientra nella media produttiva degli ultimi anni. La quantità è minore, ma la qualità è ottima dai colli piacentini alla Romagna, dove gli operatori registrano una produzione nettamente al di sotto di quella record dello scorso anno, con calo delle rese tra il 25% e il 32%, più accentuato per le uve rosse, mentre l’area emiliana contiene la flessione nel 15%. In Romagna la vendemmia 2019 ha prodotto oltre 4 milioni di quintali di uva per quasi 3 milioni di ettolitri di vino. La parte più consistente della produzione è in provincia di Ravenna, dove su 15.900 ettari coltivati sono stati raccolti 3.279.800 quintali di uva e ricavati 2.267.982 ettolitri di vino. Seguono Forlì-Cesena con 6.145 ha coltivati, 641.360 quintali e 487.435 ettolitri; Rimini con 1.860 ettari, 191.520 quintali e 134.064 ettolitri.
Quella del 2019 in Romagna è una campagna cerealicola deludente: le varietà precoci e medio precoci sono andate abbastanza bene, le tardive hanno riscontrato molti problemi. In particolare nel forlivese-cesenate la collina ha sofferto, specialmente per tenero e duro. In Romagna, il raccolto vede una diminuzione di circa il 4-5% del grano duro sul tenero rispetto al 2018. Nel 2018 è stato seminato più tenero, che prevale sul duro anche nelle semine in corso, che in Romagna sono state realizzate ad oggi per circa il 70%. Il 2019 registra un risultato molto abbondante nella produzione di orzo, con rese anche di 70-80 quintali per ettaro. L’aumento delle semine di orzo è stato spinto dalle quotazioni dello scorso anno. La superficie resta superiore alla media storica almeno del 10% circa.
Fra le oleoproteaginose, il girasole nel 2019 ha registrato un incremento dell’estensione delle coltivazioni in tutta la Romagna, anche se nel ravennate ha un’estensione maggiore. La soia in continua a riscontrare superfici in calo di circa il 10% nel ravennate, sono invece stabili a Forlì-Cesena e in aumento nel riminese. Le superfici a colza seguono un andamento altalenante di anno in anno e non registrano imponenti estensioni di superfici in generale. In Romagna le stime in aumento rispetto all’anno precedente sono state confermate, tranne che per la provincia di Forlì-Cesena che ha dimezzato le superfici rispetto all’anno precedente.
Colture industriali. In Romagna nel 2019 la superficie dedicata a barbabietola da zucchero è in crescita rispetto all’anno precedente: 1.500 ettari distribuiti per lo più nel ravennate (1.060 ha) e poco oltre i 500 nel forlivese-cesenate. Sotto il profilo quantitativo, i parametri risultano spesso inferiori alle aspettative dei produttori. L’annata è deludente dal punto di vista delle rese in PLV per ettaro. Fortissima la virulenza della cercospora.
Per l’erba medicameno produzione di foraggio per ettaro rispetto alle medie produttive. In crescita nel 2019 la strada del mercato estero: il 75% dell’erba medica disidratata è destinata all’export. In regione si coltiva circa il 50% degli oltre 45.000 ettari complessivi di erba medica in Italia; la superficie di medica regionale è concentrata soprattutto in Romagna. La provincia di Forlì Cesena nel 2019 supera il primato fino allo scorso anno detenuto da Ravenna, con 18.000 ettari coltivati e una produzione di 6.840.000 quintali.
La Regione è una delle principali produttrici di colture da seme in Italia. Nel distretto di Forlì-Cesena si registra in particolare la maggior presenza di ditte sementiere fra le circa 75 complessive presenti in Emilia Romagna, un terzo del totale nazionale. La provincia di Ravenna ha particolare importanza per la riproduzione di sementi orticole: circa il 30% della produzione regionale su una superficie ad ortive da seme di circa 3 mila ettari. Le anomalie climatiche, soprattutto di maggio, hanno influito negativamente sulla produzione di molte specie. Molto positiva invece la stagione per la cipolla, sia ibrida che standard, con rese sopra la media e qualità.
Colture Orticole. La campagna produttiva dei prodotti orticoli, per il fresco e da industria, è stata caratterizzata da una buona resa e una buona qualità fino a settembre 2019, qualche problema qualitativo successivo. Le orticole in genere hanno dovuto fare i conti con il sovrapporsi dei periodi di commercializzazione con le produzioni precoci del Sud e della Spagna. Disagi anche sul secondo raccolto per il protrarsi dell’estate fino a fine ottobre.
Il settore zootecnico è a livello regionale il motore propulsivo dell’economia agricola. In Romagna è la provincia di Forlì-Cesena a contare il maggior numero di allevamenti e di capi: gli allevamenti di suini compresi anche quelli da “autoconsumo” sono 824 (-2,02% sul 2018) per un totale di 80.860 capi (+1,54%); gli allevamenti ovi-caprini, autoconsumo compreso, sono 629 (+19,13%, incremento dovuto quasi esclusivamente all’autoconsumo), per 20.680 capi (+20%); gli allevamenti di bovini da carne 359 (-1,64%) per 12.890 capi (-2,18%); restano 28 gli allevamenti di bovini da latte, per 977 capi (+3,83%); sono infine 276 gli allevamenti di avicoli con più di 250 capi. Il settore suinicolo vede un forte aumento del numero di capi in provincia di Rimini. Gli allevamenti, anche quelli da “autoconsumo”, sono 384 (-9%), ma i capi suini hanno registrato una crescita del 25,13% arrivando a 6.947. La provincia di Ravenna è quella che conta più capi suini (109.789, diminuiti del 3,77%) nei suoi 358 allevamenti (-0,56%) e più bovini da latte (3.814 capi, + 2,55%) in 14 allevamenti.
Il 2019 ha messo in evidenza la gravità degli effetti del cambiamento climatico sull’apicoltura. In Romagna la produzione di millefiori primaverile è stata insignificante e destinata alla sopravvivenza delle famiglie. Produzione totalmenteazzerata per il miele di acacia. Per quanto riguarda l’erba medica, o millefiori a prevalenza di erba medica, la produzione è stata molto disomogenea. In alcuni areali le famiglie sono state nutrite praticamente tutto l’anno, con costose nutrizioni zuccherine, con un dispiego di risorse enorme per le aziende.
Nel biologico, al secondo posto delle province con il numero maggiore di operatori dopo Parma c’è Forlì-Cesena con 917 nel 2018 (796 nel 2017). Il comparto gode di buona salute, con segno positivo in tutti i settori: il segmento più importante è la frutta, anche se nel 2019 i più dinamici sono stati quelli dei vini e delle uova e carni fresche. D’altronde in Italia i consumi di prodotti biologici sono in crescita +4% nel 2018 e +1,5% nel primo semestre del 2019, anche se la crescita è in flessione rispetto all’anno precedente.
*vicepresidente Ampro-Associazione Meteorologi Professionisti, tecnico meteorologo certificato di Meteocenter srl
L’Annata 2019 è stata molto calda, registrando un’anomalia di 1,1 gradi. Si è trattato del sesto anno più caldo dal 1950, e va evidenziato che gli ultimi 5 anni più caldi si sono verificati tutti dopo il 2010. Abbiamo avuto un inverno 2018-19 molto mite, soprattutto in febbraio, mese quasi primaverile, mentre gennaio è stato leggermente superiore alla norma nel bacino padano. Caldissimo marzo, e aprile molto mite. In maggio c’è stato un brusco dietro front: molto freddo, con anomalie negative in buona parte d’Europa. E’ stato un mese molto freddo e instabile, si è trattato del 4° maggio più freddo dal 1950. Giugno è stato poi molto caldo, con un’ondata a fine mese. Caldissimi luglio e agosto, e settembre e ottobre più caldi della norma.
E’ il chiaro segnale del forte aumento delle temperature, soprattutto nella stagione estiva. In Romagna nel mese di maggio (molto freddo, -2,5 gradi rispetto alla norma mentre in tutti gli altri mesi ci sono state anomalie termiche positive) abbiamo avuto il 200% in più di precipitazioni. E’ stato il mese più piovoso dal 1960, mentre gli altri sono risultati avari di piogge, con una pessima distribuzione delle precipitazioni nell’anno. In media è caduta il 10% in meno di pioggia, in forte calo nel periodo estivo: l’estate 2019 ha avuto il 30% in meno di precipitazioni, ma dal 2000 abbiamo avuto anche diverse annate con oltre il 40% in meno. Novembre, per contro, sta registrando piogge eccessive, statisticamente è il mese più piovoso dell’anno e alla data del 22 novembre siamo già a più del 100% della piovosità media mensile.
Più l’atmosfera è calda, più acqua può contenere: come stiamo già osservando, caleranno sempre di più i giorni con precipitazioni deboli, mentre aumenteranno quelle intense. La stagione temporalesca si sta dilatando. Abbiamo registrato numerosi fenomeni nel 2019, ad esempio la grandine del 22 giugno, o i violenti temporali del 2 agosto con vento oltre 100km/h e grandine.
Cosa ci aspetta? Le temperature salgono, aumenta la variabilità, ma gli eventi freddi rimangono, più rari ma localmente anche più violenti. Purtroppo l’Italia è ancora indietro sulle politiche di adattamento al cambiamento climatico.
Chimica versus naturale, salutare e biologico: facciamo chiarezza (almeno nei termini). Questo il fulcro dell’intervento di Ivano Valmori, direttore di AgroNotizie e di ItaliaFruitNews, nel convegno di presentazione dell’Annata agraria 2019 di Cia Romagna.
Biologico meglio di integrato? In materia c’è purtroppo una confusione che danneggia tutta la filiera del made in Italy agroalimentare. Occorre evitare gli estremismi, iniziando con il porre attenzione al corretto significato delle parole salutare, naturale, chimica, biologico.
Venerdì22 novembre a Milano Marittima (Ra), alle ore 15.30 nella Sala Meeting dell’Hotel Embassy & Boston, Cia Romagna presenta l’Annata Agraria 2019.
“Il futuro dell’agricoltura oltre le mode” è il tema centrale attorno al quale ruoteranno gli interventi dei relatori, dopo l’illustrazione delle tendenze del settore agricolo romagnolo dell’anno in corso. Il report, alla seconda edizione in versione romagnola (ma con alle spalle 31 edizioni ravennati), contiene previsioni e dati del territorio delle province di Forlì-Cesena, Ravenna, e Rimini.
Apre e presiede i lavori della giornata Danilo Misirocchi, Presidente di Cia Romagna.
Seguiranno i saluti del Prefetto di Ravenna Enrico Caterino e del Direttore di Cia Romagna Fabrizio Rusticali.
Pierluigi Randi (Vice Presidente Ampro, Associazione Meteorologi Professionisti, Tecnico Meteorologo certificato di Meteocenter s.r.l.), farà poi il punto sulle particolarità meteorologiche e gli eventi estremi accaduti da novembre 2018 a ottobre 2019 (in Romagna era consuetudine far scadere i contratti agrari proprio per San Martino, 11 novembre, momento adatto in quanto dopo la semina il calendario dei lavori agricoli era meno fitto e impegnativo).
L’esposizione dei dati dell’Annata Agraria Romagna sarà a cura di Lucia Betti, Addetta stampa di Cia Romagna che, insieme ai colleghi Giorgia Gianni ed Emer Sani, ha curato l’edizione 2019 dell’Annata Agraria di Cia Romagna.
Seguirà l’intervento del Direttore di AgroNotizie e di ItaliaFruitNews Ivano Valmori (agrotecnico, imprenditore, giornalista): “Basta contrapposizione tra biologico e integrato: la chiarezza che manca”.
La chiusura dei lavori è affidata a Cristiano Fini, Presidente di Cia-Agricoltori Emilia Romagna: “Il Paese che vogliamo”.
L’appuntamento è aperto al pubblico e la partecipazione è gratuita. Per informazioni: tel. 0547 – 26736; cia.romagna@cia.it
L’Annata Agraria di Cia-Agricoltori Italiani Romagna è una fotografia dell’andamento dell’agricoltura locale riguardante il territorio romagnolo, con stime, tendenze e ipotesi previsionali dei comparti e delle colture, dell’anno non ancora concluso, relative alle province di Ravenna, Forlì Cesena e Rimini. Nel 2019 è al suo secondo anno come “Romagna”, realizzata per le precedenti 31 edizioni (pre Cia Romagna) da Cia Ravenna.
Come da consuetudine, la presentazione pubblica si svolge nel mese di novembre, in quanto in Romagna era abitudine far scadere i contratti agrari a novembre, per San Martino, momento adatto perché dopo la semina il calendario dei lavori agricoli era meno fitto e impegnativo. La giornata di presentazione dell’Annata Agraria prevede un momento dedicato all’illustrazione dei dati al quale segue sempre un approfondimento.
Per la realizzazione dell’Annata Agraria, oltre alle fonti scritte, si utilizzano fonti orali. Si realizzano interviste conoscitive ad agricoltori, responsabili e tecnici di diverse Istituzioni (Stacp di Ravenna, Forlì-Cesena e Rimini), Enti (Camere di Commercio di Ravenna e della Romagna), Associazioni, Organizzazioni, Cooperative, Consorzi, operanti nel settore e a rappresentanti del mondo agricolo ed economico in generale, esperti dei vari comparti esaminati, compreso andamento meteo e cambiamenti climatici. Questa disponibilità rappresenta una preziosa rete di collaborazione.